11 de octubre de 2013

Uccisi perché cristiani

NOTA DEL BLOG. Ruego a los lectores la máxima atención para las serias palabras, infrascritas, del Arzobispo de Tarragona. Y ruego oraciones por los católicos de Siria, así como por las demás comunidades perseguidas por causa de la Fe

Il 13 ottobre la beatificazione di 522 martiri della persecuzione religiosa spagnola tra il 1934 e il 1939

Uccisi perché cristiani

sabato 12 ottobre 2013                     L’OSSERVATORE ROMANO                       pagina 5

di JAUME PUJOL BARCELLS*

 Secondo la tradizione cristiana, “martire ” è colui che muore per la propria fede religiosa. Di solito tendiamo ad assimilare il termine “martire ” ai cristiani dei primi tre secoli, che subirono le persecuzioni degli imperatori romani. Ma in realtà ci sono stati più martiri cristiani nel XX secolo che in tutti i diciannove secoli che l’hanno preceduto.
E non bisogna dimenticare che nel nostro XXI secolo le persecuzioni religiose persistono e nella maggior parte dei casi a esserne vittima sono i cristiani.
È quanto accaduto, per esempio, lo scorso 7 settembre in Siria, a Maalula, città che i cristiani di quello sventurato Paese già chiamano “terra dei martiri”, e dove, come a Tarragona, sono venerate le reliquie della protomartire santa Tecla. I gruppi armati di Al Qaeda sono entrati a Maalula con l’intento di seminare devastazione e terrore. Hanno distrutto tutte le immagini sacre che hanno incontrato, sia nelle strade sia negli edifici. In una casa hanno trovato quattro greco-cattolici: Miguel Talab, suo cugino Antón Talab, suo nipote Sarkís e Antonia, un’altra parente. 
La nostra coscienza si è addormentata
e abbiamo reso più sottili
le nostre ragioni per giustificarci
Dimenticando che la violenza e la guerra
portano solo morte e odio
Il gruppo di ribelli li ha minacciati dicendo loro: «O vi convertite all’islam o vi uccidiamo». Sarkís, il più giovane, ha risposto senza vacillare: «Io sono cristiano (…) e se volete uccidermi perché sono cristiano, potete farlo!». Neppure i sicari hanno vacillato: il ragazzo è stato ucciso a sangue freddo, assieme agli altri due uomini. La donna, gravemente ferita, si è salvata perché data per morta. Un contrattacco dell’esercito siriano ha espulso gli islamisti da quel settore di Maalula. I soldati hanno trovato la donna e l’hanno portata all’ospedale di Damasco, dove sono riusciti a salvarle la vita. Quando è stata in grado di parlare, ha raccontato l’accaduto a una monaca italiana che lavora in quel centro sanitario e che alcuni giorni dopo ha spiegato quell’atto cruento all’agenzia d’informazione «Fides», aggiungendo: «Quello di Sarkís è stato un vero martirio, una morte in odium fidei, per odio alla fede».
Il 13 ottobre Tarragona farà da cornice alla beatificazione del più grande gruppo di martiri della storia della Chiesa. In quest’ottica, la morte del giovane Sarkís a Maalula ci serve per chiarire alcuni dubbi.
Per esempio, c’è chi si chiede: «Perché saranno beatificate quelle persone e non altre?». Semplicemente perché quelle persone sono considerate vittime di una “persecuzione religiosa ” e perché la violenza sistematica esercitata su di esse fu motivata dal loro essere membri della Chiesa cattolica.
Il mondo attuale è sotto molti aspetti simile a quello in cui vissero i santi protomartiri. L’omelia di Papa Francesco nella veglia per la Pace, celebratasi a piazza San Pietro lo scorso 7 settembre presenta diversi punti di vista, dinanzi ai quali nessuno può pensare che quelle parole non lo riguardino. Il Papa ha detto: «Quando l’uomo pensa solo a se stesso (…) e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto».
Nelle parole del Pontefice possiamo intravedere un messaggio rivolto ai potenti dell’Occidente quando afferma che oggi «abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci», dimenticando che la violenza e la guerra portano con sé solo più morte e più odio. Tuttavia, senza negare il monito rivolto al mondo occidentale, non possiamo dimenticare che il Papa nel suo discorso há qualcosa da dire anche sulla profonda e violenta crisi interna che sta scuotendo il mondo musulmano: «La mia fede cristiana — afferma il Papa — mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace».
Mi ha colpito vedere, durante l’adorazione eucaristica a piazza San Pietro, come alcuni leader musulmani si sono inginocchiati accanto al popolo cristiano presieduto dal Successore di Pietro. Lo spirito pacificatore e di perdono di tutti i martiri nel corso di ventuno secoli di storia ha scosso il cuore di quanti hanno partecipato a quella memorabile giornata di preghiera e di digiuno.

 *Arcivescovo metropolita di Tarragona

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