Per accendere il fuoco delle polemiche basterà la locandina. Un Pio XII dall’aspetto estremamente giovanile (interpretato dall’attore Roberto Zibetti) che, accanto alla preziosa croce pettorale, sulla sua sinistra ostenta una Stella di David gialla. La stessa che gli ebrei furono costretti a indossare nella parte d’Europa occupata dai nazisti e nell’Italia fascista. Sempre la stessa che accompagnò sei milioni di israeliti alla morte nei campi di sterminio.
È l’immagine scelta dalla regista Liana Marabini che ha firmato «Sfumature di verità», il film dedicato a papa Pacelli, portatore di una tesi provocatoria: Pio XII avrebbe salvato la vita a 800.000 ebrei in tutta Europa attraverso le disposizioni impartite ai vescovi del mondo, accogliendo molti israeliti in Vaticano e nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Per questa ragione, ha così affermato in più occasioni la regista, Pacelli avrebbe diritto al titolo di «Schindler del Vaticano».
La produzione del film (che viene presentato lunedì 2 alle 18 a Roma con un’anteprima mondiale a inviti nell’Istituto Maria Santissima Bambina in via Paolo VI, accanto all’ingresso della Città del Vaticano a Porta Cavalleggeri) appare robusta: divi internazionali come Christopher Lambert, Giancarlo Giannini, Gedeon Burkhard (il televisivo Commissario Rex), David Wall, gli italiani Victoria Zinny e Remo Girone, in un piccolo ma simbolico ruolo anche la principessa Maria Pia Ruspoli, moglie del principe Sforza, detto Lillìo, campione della Nobiltà Nera romana fedele al Papa.
La pellicola passerà fuori concorso al festival di Cannes e a settembre verrà proiettata negli Stati Uniti durante l’Incontro mondiale delle Famiglie a Philadelphia, al quale interverrà anche papa Francesco. Il film uscirà ad aprile in 335 sale italiane, in 280 francesi e poi in Belgio, Germania, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Australia, Spagna e Portogallo, per poi approdare in televisione.
Ma quali sono le fonti della regista? Ecco come ci ha risposto: «Lo storico e diplomatico israeliano Pinchas Lapide, che ha vissuto durante la guerra e conosceva sia papa Pio XI e Pio XII scrisse nel suo libro Three Popes and the Jews nel 1967 che la Chiesa cattolica romana salvò sotto il pontificato di Pio XII tra 847 mila e 882 mila ebrei, grazie ad ordini precisi del Papa. Ecco la tabella: Francia 200 mila; Belgio 65 mila; Ungheria 200 mila; Italia 55 mila; Romania 250 mila; Polonia 15-50 mila; Balcani 12 mila; Paesi Bassi 25 mila; Slovacchia 25 mila. Totale: 847-882 mila. Queste cifre sono state pubblicate anche dal “New York Times” il 24 aprile 1966. Pinchas Lapide è assolutamente credibile, perché era ebreo, ha vissuto durante la guerra e ha conosciuto bene Pio XII».
Ma non è azzardato definire quel Papa lo Schindler del Vaticano? «Ha ragione, definire Pio XII “lo Schindler del Vaticano” è riduttivo: Schindler salvo “solo” 1.100 ebrei (cifre ufficiali). Ha ragione lei, forse è meglio non usare questo paragone...». La tesi è chiara, e forte. Per capirci, siamo sulla sponda diametralmente opposta di Amen, il discusso film del 2002 in cui Constantin Costa-Gavras descrisse un Pio XII immobile sulla questione ebraica, divorato solo dall’ossessione comunista. Le polemiche sono nel conto. Replica lapidariamente lo storico Giovanni Miccoli, autore de I dilemmi e i silenzi di Pio XII, edito nel 2000 da Rizzoli: «Ritengo ridicolo impostare la vicenda in questi termini» .
Reagisce invece, e senza mezzi termini, Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah, portavoce per l’Italia della Task force internazionale per la didattica della Shoah in Europa (si deve a lui, nel 1999, la scoperta, dopo una lunga indagine, del luogo esatto dove si trovava il Bunker 1 di Auschwitz, la prima camera a gas usata nella storia di quel campo). Dice Pezzetti: «Nessun vero storico al mondo sosterrebbe una tesi del genere. Anzi, dirò che ci troviamo di fronte a un falso storico. E nemmeno dobbiamo stracciarci troppo le vesti, vista l’assoluta evidenza. Ma come si fa a sostenere che Pio XII salvò 800 mila ebrei? Non è nemmeno una interpretazione, è semplicemente una tesi di stampo ideologico, è completamente un’altra cosa. Insomma, non è nemmeno scandaloso. È fuori luogo». A Pezzetti, che ha collaborato a lungo con molti storici di matrice cattolica, aggiunge: «Molti studiosi di quella radice culturale, che stimo e ritengo serissimi, sorrideranno di fronte a questa tesi. Anzi, aggiungo che qualsiasi cattolico semplicemente la respingerebbe».
In quanto all’idea di Pio XII «Schindler del Vaticano», addirittura sognato dal protagonista del film con la Stella di David accanto alla croce pettorale? «Assurdo immaginare che un Papa preconciliare come Pio XII, vissuto nella stagione delle accuse ai “perfidi giudei”, si potesse far carico di un peso simbolico come quello. Anche quell’immagine - aggiunge Pezzetti - mi sembra un azzardo. In quanto al paragone con Oskar Schindler, dobbiamo ricordare che all’inizio quell’uomo era un fanatico nazista, sfruttatore consapevole di risorse umane “razzialmente inferiori”. Quindi, rispettando il parallelo, bisognerebbe dare del fanatico nazista a Eugenio Pacelli, facendogli un gravissimo torto. Poi Schindler si pentì, e non mi risultano atti analoghi di Pio XII. Infine Schindler rischiò la propria stessa vita, e nemmeno questo appartiene a Pacelli. Mi sembra che, per motivi diametralmente opposti, ci troviamo sullo stesso piano del film di Costa Gavras, che io criticai duramente».
Sull’ultimo numero di «Pagine ebraiche» il film viene presentato molto seccamente con queste righe introduttive: «Gli archivi restano chiusi ma in compenso la cinematografia cattolica ci regala ancora una fiction per riscrivere la storia» .
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