3 de marzo de 2015
I Quaderni neri di Martin Heidegger: Un antisemitismo Metafísico
Non ci si può
confrontare con la Shoah
senza conoscere il suo
pensiero
e la sua vita
Sulla quale grava
l’ombra dei forni
crematori
I Quaderni neri di Martin Heidegger
Un antisemitismo
Metafísico
Martin Heidegger
lunedì-martedì 2-3 marzo 2015 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 5
di CRISTIANA DOBNER
Martin
Heidegger há attraversato la storia del secolo scorso e il pensiero che si è
articolato nei tempi bui del nazismo e della Shoah. Molto si è già scritto ma
molto di più si scriverà sulla scia della sorpresa suscitata in Germania quando
i Quaderni neri, pubblicati nella primavera del 2014, saranno dati tutti alle
stampe e consentiranno un confronto serrato, cronologico e ideologico, relativo
all’arco di tempo che coprono. Ancora inediti in Italia, si compongono di 1.200
pagine, stese dal 1931 al 1941, mentre i volumi successivi giungeranno fino al
1969.
La
ricerca di Emmanuel Faye del 2005, Heidegger, l’introduzione del nazismo
nella filosofia, aveva imposto una virata nella concezione costruita
intorno al ben noto “caso Heidegger”, il Terzo Reich e sull’interroga tivo
relativo al suo pensiero che ritiene gli ebrei immondi. Il dibattito fra i filosofi di tutto il mondo è molto
vivace, anche per la nuova prospettiva che i Quaderni neri aprono sul pensiero
heideggeriano.
Donatella Di Cesare, vicepresidente della Martin
Heidegger Gesellschaft, allieva di Hans-Georg Gadamer e docente di filosofia
alla Sapienza di Roma, ha intrapreso un lavoro ciclopico (per l’enorme massa di
documenti e libri consultati) e decisamente a tutto tondo sul filosofo tedesco
di Messkirch: Heidegger e gli Ebrei. I quaderni neri (Torino, Bollati
Boringhieri, 2014, pagine 360, euro 17). Di Cesare afferma che i Quaderni neri
«assomigliano al diario di bordo di un naufrago che attraversa la notte del
mondo, rischiarata da profondi sguardi filosofici e potenti visioni
escatologiche».
Come
ha proceduto la studiosa? Il punto centrale è l’Ebreo e afferma a chiare
lettere «che la “questione ebraica” è una questione metafisica». Contro ogni
possibile fraintendimento avverte che il tema va affrontato entro la storia
dell’Essere. Quale allora il rapporto tra l’Essere e l’Ebreo? In che modo
l’Ebreo minerebbe l’Essere? Appare chiaro che l’Ebreo non risulta indifferente
a Heidegger ma «si è insediato per così dire nel cuore del pensiero, nel centro
della questione per eccellenza della filosofia».
L’antisemitismo
di Heidegger allora si dimostra metafisico e va considerato all’interno della
tradizione filosofica, che può risultarne indenne o coinvolta, ed esige anche
una risposta all’interrogativo sulla responsabilità della filosofia nello
sterminio e una ricerca sulla fenomenologia dei campi di sterminio.
Per il filosofo tedesco
l’Ebreo non trova posto
nella storia dell’Essere
Filosoficamente gli ebrei sono nulla
e verso il nulla vanno indirizzati
Questo saggio — imponente per la ricchezza del
contesto storico e filosofico che lo sostiene, e per la chia rezza della sua
andatura — non lascia fronti scoperti o il fianco aperto a critiche: si propone
«di evitare di essere una ennesima storia criminale della filosofia, non
intende servire nessuna causa». L’intento è quello universale di ogni filosofia
che tale voglia dirsi: «Sollevare gli interrogativi filosofici, politici,
teologici, in tutta la loro gravità».
Tale premessa è stata ampiamente onorata e viene a
costituire un sentiero che necessariamente bisognerà percorrere, con passo
lento e meditativo, nel tentativo di comprendere e di afferrare uno dei drammi
personali che sconvolsero la vita di Heidegger, ed ebbero una ricaduta pesante sul
pensiero e sull’esistenza del mondo europeo a lui coevo e anche o dierno.
Non si può confrontarsi con la Shoah senza conoscere
il suo pensiero e la sua azione, sulla cui vita grava l’ombra dei forni
crematori e dell’annientamento degli Ebrei: «L’orrore che Auschwitz ha
introdotto nella storia non sta solo nell’annientamento, né solo nel numero delle
vittime, ma nell’offesa arrecata alla dignità della morte. L’idea che il
cadavere meriti rispetto, e dunque l’idea della sepoltura, fa parte del
patrimonio etico dell’umanità. L’odore
nauseabondo che usciva dai camini dei forni crematori è il segno dell’oltraggio
supremo che Auschwitz ha inferto alla dignità dei mortali».
Tutta la tradizione della filosofia tedesca, e anche
della filosofia occidentale, va riletta da questo punto di vista che è una luce
oscura per la compromissione di Heidegger con il partito nazional-socialista e
il breve rettorato a Friburgo.
Non fu l’ispiratore di Hitler
ma cadde nella colpa
di non aver compreso che Auschwitz
è una rottura radicale
nella storia dell’umanità
Di Cesare però scandaglia più a fondo: il valore di
rinnovamento della filosofia heideggeriano non viene messo in dubbio, liberarsi
della metafisica significava riscoprire l’Essere, ritornare ai greci, ancora
prima di Socrate.
L’autrice
sottolinea la continuità del pensiero filosofico tedesco con quello di
Heidegger, per questo prende le mosse da un excursus su Lutero per approdare a
Adolf Hitler, letto in chiave filosofica con un fondamento teologico-politico.
Manca ancora una storia dell’antisemitismo nella filosofia occidentale: Kant
aveva parlato di eutanasia dell’ebraismo e per lo stesso Hegel non vi era posto
nella storia dell’Occidente per l’ebreo.
Nella
filosofia elaborata da Heidegger si trova il termine “esserci” che sostituisce
quello di soggetto nelle filosofie antecedenti e che conduce alla sostituzione
dell’individuo a favore del popolo. Questo esserci non condivide con tutti gli
esserci un mondo unico ma ciascun esserci si relaziona, sempre se lo si
considera da un punto di vista ontologico, a più mondi diversi radicati sulla
terra in cui sono nati. L’insieme di
tutti gli esserci portano alla realizzazione dell’Essere.
A
ben riflettere non esiste una base più esplicita per dare ragione filosofica alla
disuguaglianza umana e dare adito al razzismo, in qualsiasi veste lo si voglia
presentare.
Solo quattordici volte nei Quaderni neri ritorna il
termine “Ebreo”, ma tale computo non è valido e sufficiente per affermare che
per Martin Heidegger l’Ebreo e l’ebraismo fos marginali. In realtà innumerevoli
sono accenni agli ebrei espressi con circonlocuzioni e termini diversi.
L’essenza dell’Ebreo è di essere Weltlos , privo del mondo e non appartenente
al mondo. Così viene declinato il fondamento ontologico dell’antisemitismo del
filosofo.
Gli ebrei perciò non appartengono a uno qualsiasi dei
mondi, sono Weltlos, privi del mondo. Lo
stesso Heidegger si spiega: l’elica dell’aereo è inanimata, non appartiene alla
storia, quindi è Weltlos. Con riflessione trasposta: gli ebrei sono come
l’elica, non appartengono alla storia e tantomeno al mondo. Neppure, e Di
Cesare lo sottolinea costantemente, alla storia dell’Essere. Infatti gli ebrei
vivono immersi negli “enti”, in quel mondo costituito da cose e oggetti con
l’assoluta preclusione di giungere al contatto con l’Essere. Ebreo perciò fosequivale
a impedimento alla storia dell’Essere: «sebbene sia la storia dell’Essere il
paesaggio in cui l’Ebreo compare, se in quella storia non trova posto, se viene
espulso dall’Essere, è perché, nella definizione dell’Ebreo, Heidegger non
abbandona la metafisica. Tuttavia non fu l’ispiratore di Hitler ma cadde nella
colpa di non aver compreso una realtà che si imponeva: Auschwitz è una rottura
radicale nella storia».
Peraltro
il filosofo non si allontanò molto dal pensiero e dall’azione concreta di
Hitler. Favorendo non solo il massacro ma anche la scomparsa degli ebrei con le
sue categorie di «fabbricazione di cadaveri», «dominio della tecnica» e simili
non ci si può avvicinare Auschwitz e, di conseguenza, neppure comprendere il
mondo.
I
due principi che reggono la speculazione heideggeriana: la concezione destinale
della storia e l’assunzione di un principio di comunità, aprono alla
possibilità del Führerprinzip e dei legami con la terra e il sangue,
consentendogli di esaltare «l’intima grandezza del nazionalsocialismo ». Se
filosoficamente gli ebrei sono nulla, verso questo stesso nulla vanno indirizzati.
La
chiusura del saggio, in realtà un’apertura totale che delinea i parametri di
fondo di altre ricerche sulla filosofia della Shoah, tira una riga netta che
costringe a riflettere. E a riprendere tutta l’argomentazione svolta e
dimostrata.
Di
Cesare, citando Walter Benjamin, ripropone l’angelo della storia il cui sguardo
è rivolto all’i ndietro sulle macerie, pur nell’occhio della tempesta: «La
tempesta non spira dal paradiso, non lo solleva in alto. Il vento tagliente soffia gelido contro le sue ali e
l’angelo resta immerso nelle brume della Foresta Nera».
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