di un importante discorso del filosofo contro il radicalismo che si andava imponendo in Spagna
La Repubblica aspra e triste di Ortega y Gasset
di Vicente Cárcel Ortí Una delle più grandi figure intellettuali del mondo politico repubblicano spagnolo fu certamente il filosofo José Ortega y Gasset. Professore universitario, uomo di grande cultura e ingegno, autore di numerose opere letterarie e filosofiche, non partecipò alla politica militante dei vecchi partiti, ma nel 1931 prese attivamente parte alla giovane Repubblica spagnola, in quanto ebbe un posto preminente nella vita parlamentare, anche se non godette dei grandi benefici del potere.
Eletto deputato, si mise a capo di un piccolo gruppo parlamentare definito "al servizio della Repubblica", che non fece alcun intervento importante nelle Corti Costituenti, né partecipò al dibattito sul tristemente celebre articolo 24, riguardo alla questione religiosa, e neppure alla sua votazione. Censurò però severamente la sua approvazione perché riteneva che la Costituzione fosse stata "farcita con alcune cartucce esplosive introdotte arbitrariamente in essa (...). L'articolo dove la Costituzione legifera sulla Chiesa mi sembra molto inopportuno ed è un esempio di quelle cartucce esplosive". Ortega voleva evitare qualsiasi dimostrazione di anticlericalismo - e possibilmente di anti qualsiasi cosa - e a maggior ragione all'interno della Costituzione.
In seguito agli incendi di chiese e conventi, il 14 maggio 1931 Ortega pubblicò sul giornale madrileno "El Sol" una nota del suo gruppo parlamentare in cui si scagliava contro simili atti, qualificandoli come "feticismo primitivo e criminale". Per la prima volta dalla proclamazione della Repubblica (il 14 aprile 1931), appariva una critica del filosofo al radicalismo, fatto che, da quel momento in poi, divenne sempre più frequente.
L'atto politico più importante di Ortega fu certamente il discorso pronunciato il 6 dicembre 1931 nel cinema dell'Opera di Madrid, poiché in esso delineò gli obiettivi concreti che si proponeva, il principale dei quali era la fondazione di un nuovo partito politico che si situasse tra quelli di sinistra e quelli di destra. Il nunzio Federico Tedeschini consegnò al cardinale Eugenio Pacelli il testo integrale di quella conferenza perché la ritenne molto interessante, specialmente nella critica che rivolgeva alla Repubblica e alle democrazie di vecchio stile anticlericale. E aggiunse il seguente commento: "Il conferenziere esordisce dicendo che già sono scorsi sette mesi dall'avvento della Repubblica: tempo sufficiente per fare un bilancio. Nota che durante questi sette mesi, ha retto la Nazione un gruppo di persone le quali avevano il diritto di farlo perché erano state l'avanguardia repubblicana: queste persone dovevano esser lasciate libere, però facendogli loro qualche critica per mostrare che spesso si mettevano in una via muerta; cosa che il conferenziere dice di aver fatto. Bisognava poi aiutare queste persone nel lavoro urgente di dare una Costituzione, ma una volta redatta questa, ognuno deve prendere il suo posto per dire la verità, e assumere le proprie responsabilità. Il conferenziere passa poi ad un insistente appello perché il popolo spagnuolo eviti quello giudica il pericolo del momento, e cioè la volgarità, e si ponga dinanzi alla verità. E la verità sarebbe che la Repubblica nei primi sette mesi di sua esistenza non ha guadagnato ed invece ha perduto, motivo per cui urge rettificarne il profilo.
"Passa il conferenziere ad una indagine delle cause che hanno condotto ad una Repubblica agria e triste, e afferma che questo fatto è dovuto ad errori reali, siano pure non imputabili ad alcuno, o per lo meno scusabili.
"Il primo di essi è per il Signor Gasset l'aver riprodotto errori della vita politica monarchia, e per giungere a questa conclusione l'oratore incomincia a condannare le visioni particolariste della Repubblica. Per lui l'avvento della Repubblica era un fatto che doveva raggiungersi indipendentemente dai profitti che ogni tendenza pensasse di trarne. Invece da una parte si è detto che si doveva fare una Repubblica borghese e conservatrice: mentre non poteva essere né l'una, né l'altra cosa: non conservatrice, perché nel mondo nulla vi è ora che abbia tale carattere; non borghese perché la borghesia non è mai esistita in Ispagna. Per il Signor Gasset la Repubblica non poteva avere che una carattere obrerista; essendo ora la realtà dominante, nel momento storico attuale, l'ascensione della classi operaie. Ma, però, aggiunge il Gasset, questo non deve voler dire che la Repubblica deve essere o socialista, o sindacalista o comunista, ecc., perché tutti questi partiti non rappresentano da soli la tendenza ascensionale suddetta, ma ne sono ciascuna una faccia, e formano un tentativo particolare.
"La Repubblica non doveva essere altro che la consegna dei poteri sovrani al popolo senza altre preoccupazioni, e invece questo non si è fatto. Si è ripetuto sotto un altro aspetto l'errore della vita politica sotto la Monarchia. Per l'Oratore la Monarchia rappresentava non solo la successione dinastica e una determinata forma di governo, ma un gruppo di interessi che sosteneva il Trono e ne erano alla loro volta sostenuti. Così, egli dice, attorno al trono della monarchia di Sagunto vi era la classe capitalista, i nobili, i militari e la Chiesa, che formavano col Sovrano una società di mutuo soccorso. In essa quello che si tutelava erano gli interessi mutui: quando questi coincidevano con quelli della Nazione si facevano grandi gesti di patriottismo; in caso diverso, la Nazione doveva cedere. Questo punto del discorso merita di essere letto integralmente, specialmente nella applicazione che di esso si fa alla Chiesa. Raccoglierò qui le interessanti affermazioni del Conferenziere: 1º. Egli concepisce solo lo Stato laico. 2º. Lo Stato però non deve fare nessun gesto di aggressione. 3º. No soy católico, y desde mi mocedad he procurado que hasta los humildes detalles oficiales de mi vida privada queden formalizados acatólicamente: pero no estoy dispuesto a dejarme imponer por los mascarones de proa de un arcaico anticlericalismo ("Non sono cattolico e fin da giovane ho cercato di far sì anche gli umili dettagli ufficiali della mia vita privata restassero formalizzati acattolicamente; ma non sono disposto a lasciarmi dominare dalle polene di un arcaico anticlericalismo").
"Fatta questa digressione l'Oratore continua svolgendo la sua tesi e cioè che contro la pregiudiziale della vita politica monarchica, doveva esservi la reazione da parte della Repubblica. Questa doveva realizzare, con la collaborazione equa di tutti al potere, l'ideale della democrazia moderna che per l'Oratore è la fusione della Nazione con lo Stato. Nazione che fa da sé e si dà le forme di Governo che meglio crede. Questo doveva fare la Repubblica e non lo ha fatto. Infatti al sorgere del nuovo stato di cose si aprivano agli uomini che guidavano il movimento due cammini: o continuare come comitato rivoluzionario o avviare le cose ad una perfetta legalità. Si è preferita la prima cosa, ed è accaduto allora che alla volontà Nazionale si è sostituito il despotismo dei partiti e che ciascun ministro invece di fare il bene comune nella unione delle forze spagnole non ha fatto altro che rispondere alle esigenze di un partito o di persone del partito. La Repubblica non sorgeva così per un bene nazionale, ma si rivolgeva a interessi particolari.
"Per questo, dice l'Oratore, bisogna rettificare il profilo della Repubblica e a questo fine lancia un appello a tutti perché formino un partito de amplitud nacional in cui si prescinda da tutti gli "ismi"; dal capitalismo all'obrerismo. E accenna ai vantaggi che tutti avrebbero da un partito che sovrapponesse gli interessi nazionali a quelli dei gruppi, adducendo alcuni esempi particolari. Insiste in alcuni accenni ai gruppi parlamentari, specialmente alla persona del Signor Maura, e con ciò termina la sua conferenza. Questa ha avuto la stessa sorte della Repubblica di cui trattava, e cioè è incominciata fra molta attenzione ed entusiasmo e ha avuto una conclusione fredda, non mostrandosi l'uditorio molto convinto riguardo al successo del partito progettato dall'oratore: successo che sarà un insuccesso" (Dispaccio n. 5364 di Tedeschini a Pacelli, 17 dicembre 1931, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Nunz. Madrid 914, fogli 182-186).
Ortega denunciò sulla rivista "Crisol" il fatto che i repubblicani stavano falsando la Repubblica perché quest'ultima aveva perso l'originalità pacifica e moderata che l'avevano caratterizzata all'inizio e chiese loro di prescindere dalle nette separazioni tra destra e sinistra, poiché erano vocaboli vecchi che non servivano a definire i tempi nuovi. La frase con cui concludeva l'articolo divenne famosa. "Non è così, non è così! La Repubblica è una cosa. Il radicalismo un'altra. Altrimenti, sarà il tempo a dirlo". Purtroppo aveva ragione lui.
(©L'Osservatore Romano 22 agosto 2012)
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