8 de marzo de 2013

Quel che insegna la mistica della femminilita


Sperando di non “p oter” piu festeggiare l’8 marzo cinquant’anni dopo il celebre saggio
L’OSSERVATORE ROMANO venerdi 8 marzo 2013  pagina 5
Quel che insegna
la mistica della femminilita
di GIULIA GALEOTTI
Un po’ alla volta cominciai a rendermi conto che il problema senza nome era condiviso da innumerevoli donne americane. (...) Le trovai in ogni ceto e in ogni zona del Paese: nei college come negli ospedali, ai cocktail come in treno. Ma cos’era questo problema? Quali parole usavano le donne quando cercavano di esprimerlo? Talvolta c’era chi diceva: “ogni tanto mi sento vuota, incompleta”. Oppure: “mi pare di non esistere”. Talvolta questa sensazione veniva annullata con un tranquillante, talvolta la
Le donne sono esseri umani complessi
Schiacciarle su un solo aspetto
— sia la domus, sia l’agorà —
è una forma di violenza
che impoverisce loro e la società tutta
donna pensava che tutto dipendeva dal marito o dai figli (...). A volte andava dal medico accusando sintomi che a malapena riusciva a descrivere: “un senso di stanchezza... mi arrabbio tanto con i bambini da spaventarmi... mi vien da piangere senza motivo”. Se la mia intuizione e giusta, il problema che agita oggi la mente di tante donne americane non si riferisce alla perdita della femminilita o a un’eccessiva istruzione, o al peso del menage familiare.
Cosi scriveva Betty Friedan ne La mistica della femminilità, saggio che ha segnato la storia del Novecento. Uscito negli Stati Uniti nel 1963 (quindi prima dell’irruzione della nuova generazione femminista), il libro era una mera cronaca dello strisciante malessere che attraversava le donne americane di ceto medio negli anni Cinquanta. Friedan (1921-2006) non faceva analisi teoriche, ne suggeriva soluzioni politiche o strategie di lotta collettiva per risolvere il problema: mediante una vasta documentazione composta principalmente da interviste, intendeva semplicemente dar voce e volto al problema che non ha nome.

Entrate a sostituire gli uomini nel lavoro extradomestico durante la guerra, con il ritorno dal fronte le donne vennero gradualmente rinviate a occuparsi di casa, marito e figli. Questa volta, pero, l’invito fu accompagnato da accessori sempre piu moderni: frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, aspirapolvere, battitappeti, come anche telefono, televisione e automobili. Le giovani venivano invitate non solo a sposarsi presto e trovare una sistemazione definitiva nel matrimonio, ma anche ad abbandonare studi e carriera. Cinema, televisione, giornali, pubblicita, medici, psicologi e sociologi andavano insomma diffondendo una sola parola d’o rd i n e .
Eppure, ad ascoltarle, queste donne, che avrebbero dovuto sentirsi felici e gratificate, rivelavano un senso di incompletezza. Si sentivano prive di identita: cosi raccontavano a Betty Friedan nel corso delle interviste fatte a partire dal 1957, quando l’autrice inizio a parlare con moltissime sue ex compagne di studi a tre lustri dalla conclusione di questi, ampliando poi le sue ricerche alla donna bianca di classe media, colei che —abbandonando studi e carriera — aveva accettato la mistica della femminilita. Le interviste smentivano l’immagine fornita dai media, lasciando trapelare quel problema che nessuna donna e nessun esperto riusciva a focalizzare in modo preciso.
Definito dai suoi critici come uno dei dieci libri piu pericolosi degli ultimi due secoli, in The feminine mystique Betty Friedan compie un’impresa storica: il sogno di chiunque scriva un saggio, infatti, e quello di focalizzare un problema che agita la societa, prima ancora che questa si accorga della sua esistenza. Non succede quasi mai. Ma a Betty Friedan e riuscito.
Sicuramente La mistica della femminilità e un saggio con molti difetti, alcuni anche gravi. Il volume, ad esempio, si concentra, senza nemmeno dirlo, pressoche esclusivamente sulle donne bianche della classe media, come se le afro-americane non facessero parte della generazione americana postbellica. Una seconda critica, verte sul fatto che l’analisi dell’autrice si ferma solo a livello sociale: le leggi, ad esempio, non sono mai messe in discussione. E nemmeno la questione del ruolo del maschio viene affrontata in modo significativo.
Betty Friedan poi prendera altre strade, assumendo posizioni ambivalenti; il femminismo dara i suoi frutti, buoni e meno buoni; le societa, specie occidentali, non saranno piu le stesse. Pero un messaggio importante questo saggio ce lo ha lasciato: nel senso ricco, nobile e profondo del termine, le donne sono esseri umani complessi. Schiacciarle su un solo aspetto — sia questo la domus, sia questo l’agorà — e una forma di violenza, che impoverisce tutti.
Sbagliano le donne, quando rinnegano questa complessita. Sbagliano gli altri, quando tendono a negargliela. Finche si avra la tentazione di rendere le donne figure a una sola dimensione, la festa dell’8 marzo avra ancora qualche senso. Speriamo di poterla abolire presto.

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