LA FINE DELL'ISTITUZIONE
di S. F.
La Chiesa oltre ad essere una Società divinamente costituita da Nostro Signore Gesù Cristo per la salvezza delle anime è altresì un’istituzione fondata su un principio monarchico, che garantisce la sua sopravvivenza oltre che con l’aiuto dello Spirito Santo che sempre vigila su di essa, munita di leggi di diritto positivo a cui i membri della stessa Chiesa obbediscono e devono obbedire.
L’unico che è al di sopra della legge ecclesiastica è il Sommo Pontefice che può a sua discrezione derogare alla legge per un bene superiore che la legge stessa può non contemplare in una determinata circostanza.
Il fondamento monarchico della Chiesa è stato incrinato dal Vaticano II con la Costituzione Dogmatica “Lumen Gentium” che ha affiancato al Papa un Collegio Episcopale, non di pari dignità secondo le intenzioni originarie, ma che comunque con il Papa governa la Chiesa. In realtà questo Collegio Episcopale ha in molte materie sostituito il Romano Pontefice, che deve trattare con esso, per farla breve, per imporre determinate leggi universali.
In realtà il Papa potrebbe con atto autocratico non tenere minimamente conto del Collegio Episcopale ed emanare tutte le direttive che ritiene necessarie per il bene della Chiesa.
Dopo la morte di Paolo VI abbiamo assistito ad un graduale sgretolamento della Chiesa come istituzione e alla distruzione della sua immagine pubblica, proprio dagli atti posti in essere dagli eletti dal Conclave. Vorrei non soffermarmi su atti molto più gravi come le riunioni ecumeniche di Assisi ed altrove o di scusa per gli errori della Chiesa, che potrebbero essere oggetto di un’altra disamina, ma che sono già stati sviscerati da eminenti teologi e scrittori ecclesiastici in altra sede.
Vorrei soffermarmi esclusivamente agli atti esterni diciamo di “cerimoniale” a cui molti non danno importanza, ma che in realtà indicano chiaramente le intenzioni di chi le ha poste in essere.
Alla morte di Paolo VI sebbene fosse ancora prevista l’incoronazione del Papa nella sua Costituzione Apostolica, questa fu, di fatto, abolita, tanto è vero che gli illustri liturgisti vaticani dovettero coniare un nuovo termine per indicare questa cerimonia, e fu definita: “cerimonia di inizio pontificato”.
Giovanni Paolo I fu il primo a rompere le regole, rispettò il cerimoniale al momento della presentazione al popolo, indossando i paramenti di rito, si limitò ad impartire la Benedizione “Urbi et Orbi” e non proferì verbo come era prescritto dal rito. Per contro non volle più l’incoronazione, in nome dell’umiltà e la sedia gestatoria, che però ripristinò poco dopo, dietro l’insistenza della Curia Romana ed al fine di una maggiore visibilità del papa da parte dei fedeli, conservò nel suo stemma la tiara papale come segno distintivo del suo pontificato, ma abolì nel linguaggio parlato il plurale “maiestatis”, sempre usato dai pontefici precedenti.
Giovanni Paolo II andò oltre, al momento della presentazione al popolo invece di limitarsi ad impartire la benedizione “Urbi et Orbi” incominciò con il fare un discorso sempre in prima persona, ma indossò i paramenti di rito mozzetta e rocchetto, non ci fu cerimonia di incoronazione. Non usò più la sedia gestatoria che fu sostituita dalla “papa mobile”, conservò la tiara nel suo stemma come segno distintivo del pontificato.
Benedetto XVI, che avrebbe dovuto essere almeno nel cerimoniale più conservatore, rivestì i paramenti di rito mozzetta e rocchetto per la presentazione al popolo, però anche lui si intrattenne con il popolo con un breve discorso, non riutilizzò più la sedia gestatoria, non ci fu cerimonia di incoronazione, e non utilizzò più la tiara nel suo stemma, ma una semplice mitra episcopale tripartita.
Giungiamo, infine al 13 marzo 2013, all’elezione di Bergoglio che assume il nome di Francesco, ecco l’ultimo atto: l’eletto giunge alla loggia delle benedizioni, privo di rocchetto e mozzetta, vestito di bianco con una croce di ferro, si definisce vescovo di Roma, chiede quasi al popolo di benedire lui, impartisce, recitandola solo, la benedizione “Urbi et Orbi” indossando la stola solo per quel momento!
Anche Francesco vuole una cerimonia di inizio pontificato, con paramenti molto semplici ed uguali a quelli dei cardinali presenti, non indossa neppure le scarpe rosse tipiche del papa, la sedia gestatoria per lui è un pallido ricordo come pure la tiara sullo stemma e il plurale “maiestatis”.
Cosa dovremmo ancora aspettarci?
Le masse plaudono a siffatta semplicità e tutti sono contenti !
L’autorità che si mette al livello del popolo è sempre piaciuta nei secoli, ma quale considerazione avrà dell’autorità quel popolo?
Il peggio è, che di fronte a questi atti non proferiscono parola neppure i tradizionalisti, però al contrario molti semplici conservatori storcono ora il naso! Non si vuol comprendere che ogni atto anche se ha di per sé una valenza apparentemente formale racchiude un simbolo di quello che si intende far comprendere agli altri.
Il messaggio che chiaramente traspare è che il papa non è più e non vuole più essere il sovrano della Chiesa (il “domnum apostolicum”), ma il “primus inter pares” tra tutti i vescovi, il che è eretico perché cozza con il dogma del Primato Petrino, vedremo cosa succederà in seguito!
E’ vero che come dicono i teologi “ab absuetis non fit passio”, ma almeno un’irritazione delle mucose nasali si dovrebbe constatare!
L’umiltà non consiste nel fare le cose a proprio piacimento, ma nel sottostare alle regole imposte dalla tradizione della Chiesa, quanti papi appartenettero agli ordini mendicanti sia Francescani che Domenicani, ma mai hanno lontanamente pensato di transigere su quanto imposto dalla tradizione e dal cerimoniale di Santa Romana Chiesa.
Se il buon giorno (anzi la buona sera) si vede dal mattino cosa dovremmo aspettarci ancora?
I “laudatores” esistono sempre, vedrebbero un San Pio X in qualunque eletto uscito dal Conclave, anche se l’eletto fosse Satana in persona. Con questa misura siamo arrivati a questo punto!
Se si fossero levate dal primo momento rimostranze secche da parte degli stessi cardinali o almeno di parte di essi, minacciando di non prestare obbedienza al nuovo eletto, se questo non si fosse sottoposto ed attenuto alle leggi della Chiesa, le cose sarebbero andate diversamente.
Come affermava, purtroppo, il Card. di Retz nel XVII secolo: “Quanto al clero, si sa che sempre ha dato l’esempio di ogni servaggio, e allora lo predica alla gente dal pulpito (non ci sono più i pulpiti nella chiesa conciliare) sotto il nome di ubbidienza”!
Credere che questi atti siano minuzie su cui sorpassare, è l’errore più grave che si sia commesso e si continua a commettere.
Muro contro muro contro Francesco! O questo abdicherà o dovrà prendere altra strada, questa l’unica possibile soluzione per il bene della Chiesa.
S.F.
marzo 2013
No hay comentarios:
Publicar un comentario