23 de enero de 2013
Knesset senza maggioranza
I risultati delle elezioni legislative in Israele
Knesset senza maggioranza
L’OSSERVATORE ROMANO pagina 3 giovedì 24
gennaio 2013
Il voto in un seggio di Tel Aviv (Reuters)
TEL
AV I V, 23. Alta affluenza alle urne e un sostanziale pareggio tra destra e
sinistra. La fotografia che emerge dal voto legislativo in Israele è quella di
una Knesset divisa in due. Secondo i dati diffusi dalla Commissione elettorale
centrale con il 99,5 per cento delle schede scrutinate, tanto il complesso dei
partiti di destra, guidati dalla coalizione Likud-Beiteinu facente capo al
premier uscente Benjamin Netanyahu, quanto quello di centro-sinistra
(formazioni arabe comprese) hanno conquistato 60 seggi ciascuno sui 120 in
palio nel Parlamento monocamerale del Paese.
Il
primo dato rilevante, come sottolineano gli analisti, è l’ascesa del nuovo
partito centrista laico Yesh Atid, del giornalista televisivo Yair Lapid,
secondo con circa 20 seggi alla Knesset. La lista Likud-Beitenu — frutto dell’alleanza
tra Netanyahu e il suo ex ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman — ha
conquistato una trentina di seggi, meno di quanto i sondaggi indicassero. I
laburisti di Shelly Yachimovich avrebbero ottenuto 17 seggi, piazzandosi al
terzo posto. In sostanziale calo lo storico partito Meretz, che non sarebbe andato
oltre i 7 seggi. La formazione ultraortodossa Focolare ebraico avrebbe
ottenuto almeno 12 seggi, e altrettanti gli ortodossi sefarditi dello Shas.
Kadima, il partito centrista fondato da Ariel Sharon che nelle precedenti
consultazioni era risultato la prima forza politica israeliana, non è riuscito
a entrare in Parlamento.
Il quadro della Knesset è dunque frammentato e la strada più probabile sembra
essere quella del Governo di grande coalizione, come dichiarato anche dal
premier uscente Netanyahu. Questi, commentando di fronte ai suoi sostenitori il
risultato del voto, ha indicato cinque impegni programmatici su cui costruire larghe
intese: dalla priorità degli sforzi per impedire all’Iran di dotarsi di armi
nucleari alla moderazione politica, dalla responsabilità economica all’eguaglianza
fra religiosi e laici, fino all’emergenza casa sul fronte sociale.
Ago della bilancia nella complessa partita per la formazione del prossimo
Esecutivo sarà il centrista Lapid, che nella fase pre-elettorale si era già
dichiarato disponibile a una collaborazione governativa con Netanyahu e che
ieri sera ha parlato a sua volta di «larghe intese». Dopo l’eclatante
affermazione elettorale, Lapid, che dichiara di volere attuare il cambiamento
del Paese, potrebbe tuttavia scegliere anche strade diverse da quella dell’alleanza
con il cartello Netanyahu-Lieberman, come dicono i commentatori.
L’affluenza
alle urne ha registrato i massimi livelli degli ultimi quindici anni. Un
aspetto che ha sorpreso molti e che sembra l’indice di un Paese in cerca di un’alternativa
a quell’immobilismo che, a giudizio di alcuni osservatori, ha segnato le
stagioni più recenti. E non solo in politica estera ma anche in quella interna,
dove i morsi di una crisi economica crescente hanno indebolito la classe media,
sempre più in difficoltà con il caro vita. Sul piano
politico, ora tutto dipende dal presidente Shimon Peres, che dovrà affidare l’incarico.
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