14 de septiembre de 2011

Il 14 settembre 1936 Pio XI accolse i profughi spagnoli

Il 14 settembre 1936 Pio XI accolse i profughi spagnoli

"E gli altri?" domandò il Papa

di VICENTE CÁRCEL ORTÍ
Man mano che arrivavano notizie in Vaticano sulla grandezza della tragedia spagnola, sia attraverso la stampa sia attraverso i resoconti di testimoni oculari che erano riusciti a scappare in tempo, si prospettò l'opportunità di concedere un'udienza a 500 profughi spagnoli, che ebbe luogo lunedì 14 settembre 1936 a Castelgandolfo. Guidavano il gruppo i vescovi di Urgel, Justino Guitart; Cartagena, Miguel de los Santos Díaz Gómara; Tortosa, Félix Bilbao, e Vich, Juan Perelló. Il cardinale Pacelli li presentò al Papa il quale pronunciò un lungo discorso.
Questo fu il primo intervento pubblico di Pio XI sulla situazione spagnola. In esso esaltò la sofferenza esemplare dei cattolici, denunciò la persecuzione disumana, deplorò la guerra civile e il veleno della propaganda bolscevica. Dai fatti dolorosi di Spagna il Pontefice traeva insegnamenti diretti per l'Europa e per il mondo intero sulla minaccia per l'ordine sociale, sull'insidiosa proposta di collaborazione tra comunisti e cattolici, e sull'inevitabile ed effettiva complicità tra le forze sovversive e coloro che si opponevano alla religione cattolica, unico e definitivo ostacolo di fronte alla rovina della rivoluzione. Il discorso rispondeva, di conseguenza, alle obiezioni sull'inefficacia della religione cattolica nell'impedire tale rovina, lamentando piuttosto che si impedisse alla religione cattolica l'esercizio del suo benefico influsso, il che era un'allusione diretta alla situazione della Chiesa in Germania.
Questo discorso ebbe vastissima diffusione e ripercussione sulla stampa mondiale. La propaganda franchista lo diffuse ampiamente ma omettendo tanto la condanna degli eccessi di violenza dei nazionalisti, che appare molto sfumata nelle parole finali del discorso, come le conclusioni di misericordia e amore verso "gli altri", che il Papa volle aggiungere. Parole di sentimento cristiano che non potevano piacere ai nazionalisti ribelli, e che per questo furono censurate dalla stampa. Il Papa disse: "E gli altri? Che dire di tutti questi altri, che sono pure e rimangono sempre figli Nostri, sebbene nelle cose e nelle persone a Noi più care e più sacre, con atti e metodi estremamente odiosi e crudelmente persecutorii, ed anche nella Nostra stessa persona, quanto la distanza consentiva, con espressioni e atteggiamenti sommamente offensivi Ci hanno trattato non come figli un Padre, ma come nemici un nemico particolarmente detestato?".
E invitò ad amarli con amore particolare di compassione e di misericordia, e, non potendo fare altro, a pregare per loro. Le reazioni al discorso del Papa furono molto varie. Ai monarchici non piacque, perché speravano che egli avrebbe approfittato dell'occasione per dichiararsi dalla parte del Governo di Burgos. Pio XI, tuttavia, con la disinvoltura e la prudenza di sempre, disse qualcosa; abbastanza per incoraggiare coloro che lottano per Dio. Ma precisò molto bene le cose e non aggiunse altro.
Il discorso non piacque al rappresentante del Governo nazionale, il marchese de Magaz, perché, benché fosse stato ottimo nella parte contro il comunismo, alla fine sembrava benedire tutti, compresi i "rossi".
Al contrario, per l'ambasciatore repubblicano Zulueta fu un discorso "molto elevato e paterno, che parlava di amore e di perdono; un discorso più religioso che politico, generalmente molto ben accolto". L'ambasciatore informò Pacelli delle richieste che riceveva da religiosi e religiose che volevano lasciare la Spagna. Pacelli gli rispose che questa reazione era molto comprensibile se continuava la stessa situazione, vale a dire, se nella zona repubblicana un sacerdote o un religioso non poteva dire quello che era senza essere assassinato; e rispose che era inconcepibile che in un territorio tanto vasto durasse per tanto tempo una situazione simile a quella che si verificava specialmente in Catalogna, dove non c'era neanche un solo vescovo, né un sacerdote, né esercizio del culto; cioè, una popolazione completamente abbandonata dal punto di vista religioso. Zulueta si mostrò d'accordo con l'osservazione di Pacelli, il quale aggiunse che la Costituzione garantiva la libertà di culto, ma, nel frattempo, la persecuzione proseguiva.
Immediatamente dopo il discorso del Papa, Zulueta telegrafò al ministro degli Affari Esteri esprimendo i sentimenti che aveva indicato a Pacelli, e disse che stava lavorando per la pacificazione, per mantenere con la Santa Sede relazioni per lo meno corrette. I giornali repubblicani di Madrid commentarono la notizia diffusa dalle agenzie, che diceva senza mezzi termini che "il discorso del Papa non ha rivestito alcun carattere politico. Si tratta di un appello cristiano in favore della pace, diretto alla Spagna intera, e nel quale non si menziona alcuna dottrina politica. Il Papa si è limitato a mettere in guardia il suo uditorio contro le forze sovversive, che possono svilupparsi soltanto lottando contro la Chiesa". Quest'ultima frase fu sufficiente perché alcuni quotidiani mettessero in rilievo a caratteri cubitali il loro ancestrale anticlericalismo.
La lunga allocuzione pontificia del 14 settembre, redatta a mano dallo stesso Pio XI e da lui letta con voce emozionata, è un testo fondamentale per la storia della persecuzione religiosa spagnola perché in essa, per la prima volta, egli si riferisce alle vittime chiamandole "martiri".


(©L'Osservatore Romano 14 settembre 2011)

No hay comentarios: