16 de septiembre de 2011

Dalla seconda Repubblica alla Guerra civile spagnola

Le responsabilità della storia

In uno studio di Vicente Cárcel Ortí tutti i documenti vaticani
di MARTA LAGO
"L'Ambasciatore di Francia ha chiesto notizie sulla situazione della Spagna. Ho risposto che erano assai tristi". Questo è un appunto personale del cardinale segretario di Stato, Eugenio Pacelli - futuro Pio XII - del 20 novembre 1931. Si approssimava alla fine il primo anno del quinquennio repubblicano, che sarebbe sfociato in un triennio ancora più brutale in Spagna, quello della Guerra civile. Termine quasi tabù che evoca un bagno di sangue indelebile e che continua a suscitare le ire più ignoranti e accese, così infuocate come l'estate che, settantacinque anni fa, sprofondò il nobile Paese in un disperato fratricidio. Una storia ancora da conoscere e da far conoscere - senza ombra di pregiudizi - in un esercizio obbligato di responsabilità. Motore più che sufficiente perché lo storico Vicente Cárcel Ortí varcasse nel 2006 la porta dell'Archivio Segreto Vaticano nel momento esatto in cui si aprivano alla ricerca i documenti dell'epoca. Il risultato sta già vedendo la luce nel primo volume - se ne attendono altri tre - di un'opera che diffonde i documenti dell'archivio relativi alla Seconda Repubblica e alla Guerra civile spagnola. Pubblicato dalla Biblioteca de Autores Cristianos (Madrid, 2011), il lettore troverà, nelle sue 1.492 pagine, 658 documenti per la maggior parte inediti. Gli indici, le 1.816 note a piè di pagina e la presentazione generale - di monsignor Cárcel Ortí - compongono una filigrana documentaria di ordine e precisione. 
F:\45.856-140911_files\211q05b.jpgMa il rigore di questa investigazione non trasmette un freddo distacco. Ogni riga trasuda angoscia, preoccupazione estrema e il lavorio estenuante di un'attività diplomatica frenetica con l'obiettivo di frenare la deriva autodistruttiva della Spagna. E tutto riferito soltanto al 1931, periodo trattato nel primo volume La II República y la Guerra Civil en el Archivo Secreto Vaticano.
Con quest'opera monsignor Cárcel Ortí "cerca di chiarire, partendo dai documenti dell'Archivio Segreto Vaticano, l'attività della Santa Sede durante la Seconda Repubblica e la guerra civile spagnola"; documenti che dimostrano che, "nel corso di un quinquennio, i partiti politici più estremisti di destra e di sinistra, contrari alla legalità costituzionale, crearono un clima prebellico che portò, inevitabilmente, al confronto armato".
L'autore è mosso da un senso di urgenza, visto l'intento legislativo di revisionismo storico che, con falsità storiche, risale allo scontro che portò alla tragedia del 1936. L'opera rivendica anche la missione autentica dello storico perché, benché la storia in se stessa sia complessa, si può sempre cercare di ricostruirla attraverso documenti archivistici e non con quelli delle ideologie di turno. La chiave è la serenità e l'onestà nell'investigazione, lontane dalla baraonda mediatica degli opinion makers e di firme di diverso genere che fomentano soltanto polemiche sterili.
Serietà e costanza di lavoro di archivio ci permettono di scorrere, in questo primo volume, i messaggi e i discorsi di Pio XI; le lettere scambiate tra il Papa e i dignitari ecclesiastici e civili; gli appunti, le note, bozze o minute, note di servizio e note private della Segreteria di Stato e della Sacra Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari, e voti consultivi; la corrispondenza scambiata tra la Segreteria di Stato e i rappresentanti della Santa Sede in Spagna, nelle lingue originali; le note scambiate tra la Segreteria di Stato e gli ambasciatori o ministri riconosciuti presso la Santa Sede tanto dal Governo della Repubblica quanto da quello nazionale; e numerose lettere e informative di cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici inviati al nunzio o alla Segreteria di Stato per informarli di fatti molto concreti.
Il lettore apprezzerà, senza dubbio, le note di servizio della Segreteria di Stato, perché sono appunti riservati che scoprono "i segreti - come li definisce monsignor Cárcel Ortí - della diplomazia vaticana". Sono note - autografe o dattiloscritte, del cardinale Pacelli, dei segretari degli Affari straordinari, prima Pizzardo e poi Tardini, e in alcuni casi dei sostituti, prima Ottaviani e poi Montini - servite per preparare un'istruzione rispondendo alle intenzioni del Papa, oppure per informarlo del contenuto di una comunicazione arrivata da un nunzio, ambasciatore o semplice agente diplomatico su un tema concreto che il Pontefice doveva conoscere o decidere personalmente. A questo si aggiungono le annotazioni che ciascuno di questi prelati scriveva per suo uso personale.
Fonte preziosissima - sottolinea il curatore - sono gli appunti autografi del cardinale Pacelli dal 12 febbraio 1930 al febbraio 1939, che riflettono con puntualità ammirevole il contenuto delle sue udienze private - quasi tutte le mattine - con il Papa, e attraverso questo contenuto ci trasmettono l'umanità del Pontefice, il suo animo abbattuto o ottimista, la sua profonda preoccupazione, le sue delusioni ed entusiasmi manifestati con totale apertura e sincerità alla persona a lui più vicina e fedele. Appunti che, ugualmente, evidenziano un Pacelli diplomatico dolce e benigno, ma allo stesso tempo tenace, deciso e pragmatico, con forti dosi di realismo nel seguire da vicino i negoziati con soggetti politici ostili alla Chiesa cattolica. La guerra civile terminò il 1° aprile 1939, ma in questa estesa opera per il momento non è possibile includere i documenti relativi ai due ultimi mesi e mezzo del conflitto, perché i fondi vaticani si possono consultare soltanto fino alla morte di Pio XI (10 febbraio 1939), salvo che nel corso della pubblicazione dei prossimi tre volumi il Papa non decida di autorizzare l'apertura della documentazione relativa al pontificato di Pio XII, ancora in fase di catalogazione.
F:\45.856-140911_files\211q05c.jpgLa parte più importante e nuova de La II República y la Guerra Civil en el Archivo Secreto Vaticano è costituita dalla corrispondenza diplomatica del nunzio a Madrid, Federico Tedeschini, poiché essa riproduce integralmente i dispacci da lui indirizzati a Pacelli e ad altri prelati della Segreteria di Stato. 
Nella sua missione diplomatica di quasi quindici anni, Tedeschini fu testimone diretto in Spagna di vari cambiamenti politici radicali di enorme importanza per la sua storia: la crisi nazionale che avrebbe provocato il passaggio dei poteri a un direttorio militare presieduto dal generale Primo de Rivera che, dal settembre 1923 al gennaio 1929, instaurò una dittatura; il successivo governo provvisorio e, dal 14 aprile 1931, la Seconda Repubblica, caratterizzata dal suo radicale anticlericalismo. Questo fu l'ambiente della missione di Tedeschini, "che seppe mantenere l'equilibrio delle relazioni diplomatiche con due regimi così opposti come quello monarchico e quello repubblicano sebbene non senza polemiche, accuse, calunnie e diffamazioni da parte soprattutto di elementi integralisti, tanto clericali quanto laici", spiega Vicente Cárcel Ortí, la cui presentazione e introduzione dell'opera costituiscono, di per sé, un autentico opuscolo di storia con varie chiavi di interpretazione, solidamente sostenute dai documenti che seguono. Un'introduzione che contestualizza ogni fascicolo documentale a mo' di road map, imprescindibile per addentrarsi in un territorio complicatissimo già nel 1931. E per chiarire, attingendo a fonti documentali, che non esiste "nulla che possa anche insinuare obliquamente un'interferenza della Santa Sede negli affari interni della politica spagnola, di una fazione o dell'altra, ma soltanto in difesa dei principi del cristianesimo e dei diritti della persona umana".
È una precisazione importante per capire perché la Santa Sede riconobbe la Repubblica, che praticamente si era autoproclamata e che nella curia veniva percepita come "un movimento rivoluzionario; un colpo di stato pacifico che aveva posto fine alla monarchia senza aver vinto le elezioni amministrative" del 12 aprile 1931, che evidentemente assunsero carattere politico.
"È noto a tutti che la Santa Sede in casi analoghi di cambiamento di governi con i quali manteneva relazioni diplomatiche, prima di decidere sulla continuazione di dette relazioni, aspettava sempre di vedere se altre potenze, tra le maggiori, avevano riconosciuto tale cambiamento - ricorda Cárcel Ortí - La nuova Repubblica spagnola fu riconosciuta dopo pochi giorni da Francia, Inghilterra, Portogallo, Cecoslovacchia e Uruguay. Questi erano i dati di cui disponeva la Segreteria di Stato". Dopo la plenaria dei cardinali, la Segreteria di Stato diede istruzioni al nunzio nominato che "la Santa Sede era disposta ad assecondare il governo provvisorio nel compito di mantenere l'ordine, con la speranza che anche il governo avrebbe cercato, da parte sua, di rispettare i diritti della Chiesa e dei cattolici in una nazione nella quale la quasi totalità della popolazione professava la religione cattolica".
 
Ma meno di un mese dopo dalla proclamazione della Seconda Repubblica spagnola, cominciano le manifestazioni violente di anticlericalismo, di fronte alla passività delle autorità.
Il consolidamento del regime repubblicano dopo le elezioni del giugno 1931 portò a un progetto costituzionale che "violò i principi fondamentali di una democrazia moderna sciogliendo con la violenza della legge la Compagnia di Gesù - spiega monsignor Cárcel Ortí - e sottomettendo la Chiesa a una legge eccezionale, mentre impediva agli ordini religiosi, strettamente vigilati e minacciati, l'insegnamento di qualsiasi attività professionale". In questo panorama, i cattolici si trovavano disorientati e divisi. Avanzava il dibattito parlamentare sulla questione religiosa e cresceva con lo stesso ritmo la preoccupazione in Spagna e nel Vaticano.
 
Il 16 ottobre, "L'Osservatore Romano" si fece eco della vicinanza del Papa a tutti i fedeli spagnoli con i quali condivideva le pene del presente e le minacce del futuro, e della sua protesta - dall'alto del suo ministero apostolico - contro le molteplici offese inflitte ai diritti della Chiesa, che sono i diritti di Dio e delle anime.
Perché, in fin dei conti, si tratta sempre di anime. Quelle che si trovarono intrappolate nella pagina più buia della storia contemporanea di Spagna. E quelle di oggi, che hanno diritto di conoscere la storia, adesso con un'edizione documentale imprescindibile, per accettare che "così furono i fatti e così bisogna ricordarli - dice Cárcel Ortí - documentandoli con testi dell'epoca, prescindendo da interpretazioni tendenziose e manipolazioni ideologiche". Perché, appresa la lezione, alcune storie non tornino mai a ripetersi.


(©L'Osservatore Romano 14 settembre 2011)

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