19 de marzo de 2015

La strada di Netanyahu

Dopo la netta affermazione nel voto israeliano
La strada di Netanyahu

Verso un’ampia maggioranza di destra

giovedì 19 marzo 2015 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 3

di LUCA M. POSSATI

La vittoria elettorale di Benjamin “Bibi” Netanyahu dimostra che gli israeliani non sembrano stanchi del Governo della destra del Likud e che la loro principale preoccupazione resta la sicurezza nazionale, conun occhio rivolto a Teheran prima ancora che a Gaza e a Ramallah. Allo stesso tempo l’esito del voto ha confermato l’abilità politica di Netanyahu che, nonostante i recenti dissapori con Washington, è riuscito a ricompattare i suoi sostenitori e a recuperare quel distacco dalla coalizione di sinistra Unione sionista che fino a due giorni fa era in testa di oltre quattro punti.

Resta comunque difficile dire che cosa accadrà ora. Se il leader del Likud riuscirà a formare un Governo, è molto probabile che le trattative con i palestinesi, ferme da oltre un anno, conoscano un nuovo, prolungato stallo e che, a breve, si verifichi una nuova espansione degli insediamenti in Cisgiordania, come Netanyahu stesso ha promesso poche ore prima della chiusura della campagna elettorale. Uno scenario che potrebbe provocare un ulteriore irrigidimento a livello internazionale, con il crescente malumore dell’Amministrazione Obama da una parte e, dall’altra, lo scontro alla Corte internazionale dell’Aja, dove i palestinesi intendono portare avanti la denuncia di Israele per crimini di guerra.

Se una delle linee guida della politica statunitense degli ultimi anni sembra essere quella di uno spostamento dell’interesse dal Medio e Vicino oriente verso lo scacchiere asiatico, la vittoria di Netanyahu potrebbe ora rendere ancora più chiara questa scelta. Herzog, che esce sconfitto dal voto, è legato al partito democratico ed era considerato un’opportunità per ripristinare l'armonia politica tra Washington e Tel Aviv, soprattutto sul dossier iraniano. Di fatto, a un Obama che preme per un accordo sul nucleare con Teheran non possono piacere le posizioni di un Netanyahu che si è sempre detto contrario a qualsiasi possibile intesa. E l’indebolimento di un’alleanza tanto essenziale per Washington non può giocare a favore dell’azione diplomatica della Casa Bianca, attualmente impegnata su più fronti: dalla lotta al cosiddetto Stato islamico alla crisi ucraina.

Ora la prospettiva più realistica è quella di un forte Governo di destra. Il Likud ha conquistato 29 seggi sui 120 della Knesset (nel 2013 ne aveva ottenuti solo 18), cinque in più dei favoriti dell’Unione sionista di Herzog, fermi a quota 24. Netanyahu ha scartato la soluzione, auspicata dal presidente Rivlin, di un Governo di unità nazionale, annunciando — subito dopo la conferma della vittoria — di «aver chiesto a tutti i leader dei partiti di destra di formare senza indugio un Esecutivo forte e stabile, capace di occuparsidi sicurezza e benessere per tutti i cittadini del Paese». La strada potrebbe dunque essere quella di un’alleanza con le altre formazioni di destra, come il partito vicino al movimento dei coloni, Focolare ebraico, i centristi del Kulanu di Moshe Khalon, un ex membro del Likud al quale Netanyahu avrebbe promesso un incarico come ministro delle Finanze, e i partiti religiosi ultraortodossi, come lo Shas o Uniti nella Torah. Sulla carta Netanyahu può contare su una maggioranza di 67 deputati: quanto basta per governare senza problemi.

Ma, indipendentemente dall’affermazione della destra, il voto israeliano presenta altre importanti sfaccettature. Tra queste, il terzo posto, con 14 seggi, della coalizione dei partiti arabo-israeliani, uniti per la prima volta in un’unica lista. In secondo luogo, la netta sconfitta di Avigdor Lieberman, che con il suo Yisrael Beiteinu, partito di destra dei nuovi emigrati dall’Europa orientale, ha ottenuto soltanto sei seggi.



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