2 de agosto de 2012

Pacelli e la posizione della Santa Sede durante la guerra civile in Spagna


Pacelli e la posizione della Santa Sede durante la guerra civile in Spagna 
L'autonomia
dell'Osservatore Romano
di Vicente Cárcel Ortí
"La Segreteria di Stato non può essere tenuta responsabile di ciò che pubblicano i giornali che non sono organi della Santa Sede e neppure di quanto pubblica "L'Osservatore Romano" nella parte non ufficiale". Questa frase è presa dalla lettera del 28 novembre 1936, con la quale il cardinale Eugenio Pacelli rispondeva al marchese di Magaz, agente ufficioso della Spagna cosiddetta nazionale, che si lamentava dell'atteggiamento della Segreteria di Stato verso la sua persona e la sua missione diplomatica (Affari Ecclesiastici Straordinari, Spagna 892, fascicolo 274, ff. 77-79). 
Magaz era giunto a Roma all'inizio di settembre con il fine di ottenere dal Vaticano il riconoscimento ufficiale della Giunta Tecnica, formata da un gruppo di militari, autori del sollevamento del 18 luglio. Nei suoi frequenti incontri con Pacelli e con il segretario della Sacra Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, monsignor Pizzardo, Magaz deplorò duramente il fatto che la Santa Sede non riconoscesse ufficialmente il Governo nazionale.
In una lettera rivolta a Pacelli il 19 novembre 1936 scrisse: "Quando ebbi l'alto onore di essere nominato dalla Giunta di Difesa Nazionale di Spagna - con sede a Burgos e che rappresentava allora il movimento di reazione contro l'avanzata marxista - suo agente ufficioso presso la Santa Sede, potei trovare a Roma la generosa accoglienza, l'amabile comprensione,

l'amore per la cattolica Spagna e il desiderio di mantenere con il suo Governo le relazioni più strette e cordiali che io ricordassi di quei quattro anni in cui, senza maggiori meriti di quelli attuali, ebbi l'onore di rappresentare, come Ambasciatore presso la Santa Sede, Sua Maestà il Re di Spagna. Credetti anche di trovare l'amore del Padre per il figliol prodigo, la riconoscenza di una Chiesa perseguitata e prostrata per il suo liberatore. Non ho nulla da ridire sull'amabile accoglienza che, personalmente, mi destinò quella Segreteria di Stato, con la sua tradizionale e signorile cortesia; ma non trascorsero molti giorni senza che iniziassi a dubitare del risultato della mia missione, che consisteva e si sintetizzava nel riconoscimento del mio Governo e nel ristabilimento delle relazioni ufficiali.
In effetti, potei convincermi che il Vaticano - senza dubbio offuscato dalle tendenze sociali democratiche e separatiste dei suoi giornali ufficiosi e da altri simili, a Roma e in Spagna, e dai resoconti cha da lì riceveva da persone contagiate da quelle tendenze - disconosceva in assoluto da un lato il pensiero e lo spirito del movimento capitanato dal Generale Franco e la potenza travolgente delle sue masse e dall'altro la completa irrealtà del Governo del fronte popolare che si definiva legale e che in realtà era dominato e sopraffatto da un'ondata demagogica mossa e diretta da Mosca".


(©L'Osservatore Romano 1° agosto 2012)

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